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Caldo sul lavoro

Caldo sul lavoro: prevenzione, emergenze e primo soccorso

 

Durante la stagione estiva, nelle aziende dove sono presenti ambienti particolarmente caldi o lavoratori che operano in esterno, ci possono essere emergenze correlate alle ondate di calore e ai problemi conseguenti a colpi di calore, alla disidratazione, allo stress da calore, a crampi, edemi e perdite di coscienza.
Ricordando che l’impatto del caldo sulla salute è in gran parte prevenibile, per offrire qualche non esauriente elemento informativo – al di là del ruolo dei medici competenti e del soccorso sanitario – sul primo soccorso e sulla prevenzione mirata al rischio calore, torniamo a soffermarci sul documento “Linee di indirizzo per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”. Un documento realizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con il Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM).

 

Riportiamo alcune informazioni generali per chi svolge un’attività lavorativa e intensa attività fisica all’aperto:
  • “programmare i lavori più faticosi in orari con temperature più favorevoli, preferendo l’orario mattutino e preserale;
  • garantire la disponibilità di acqua nei luoghi di lavoro: bere acqua fresca (aggiunta di sali minerali) e rinfrescarsi non solo abbassa la temperatura interna del corpo, ma soprattutto consente al fisico di recuperare i liquidi persi con la sudorazione. I luoghi di lavoro devono quindi essere regolarmente riforniti di bevande idro-saline e acqua per il rinfrescamento dei lavoratori nei periodi di pausa. E’ importante consumare acqua prima di avvertire la sete e frequentemente durante il turno di lavoro, evitando le bevande ghiacciate ed integrando con bevande idro-saline se si suda molto;
  • mettere a disposizione mezzi di protezione individuali quali un cappello a tesa larga e circolare per la protezione di capo, orecchie, naso e collo, e abiti leggeri di colore chiaro e di tessuto traspirante;
  • prevedere pause durante il turno lavorativo in un luogo il più possibile fresco o comunque in aree ombreggiate, con durata variabile in rapporto alle condizioni climatiche e allo sforzo fisico richiesto dal lavoro;
  • articolare i turni di lavoro considerando le esigenze dei lavoratori con malattie croniche, come ad es. BPCO, e organizzare per loro turni nelle ore meno calde e pause più lunghe”.

 

E come comportarsi generalmente nei casi di malore correlabile al caldo eccessivo? Il Ministero consiglia alla popolazione di:
  • “contattare un medico in presenza di sintomi collegabili al caldo come malessere generale, mal di testa, astenia, vertigini, palpitazioni, ansia o in caso di ipotensione arteriosa;
  • in caso di spasmi muscolari dolorosi, localizzati alle gambe, alle braccia o all’addome, soprattutto al termine di un’attività fisica intensa, spostarsi immediatamente in una stanza fresca o con aria condizionata, bere soluzioni reidratanti contenenti elettroliti. Consultare, eventualmente, un medico se i crampi persistono più di un’ora;
  • se una persona che assistete presenta cute calda, arrossata e secca, delirio, convulsioni e/o stato confusionale o perdita di conoscenza, contattare immediatamente il medico o il servizio di emergenza sanitaria (118). Mentre si aspettano i soccorsi, ove possibile, spostare la persona in una stanza fresca ombreggiata o con aria condizionata, far assumere alla persona una posizione sdraiata con gambe sollevate, spogliarla. Applicare impacchi freddi o rinfrescare il corpo con acqua fresca. Misurare la temperatura corporea. Non somministrare aspirina o paracetamolo. Attendere i soccorsi posizionando la persona priva di coscienza su un lato”.

 

Ricordiamo altre indicazioni, sempre tratte dal documento del Ministero della Salute sulle “buone prassi” per affrontare un colpo di calore.

Si segnala che oltre che curare la disidratazione, “bisogna raffreddare l’organismo nel modo più fisiologico ed efficace possibile. A tal fine il raffreddamento diretto, ovvero da esposizione ad acqua fredda, non è ottimale perché comporta una brusca vasocostrizione e, quindi, richiede un costante monitoraggio”. È dunque preferibile il “raffreddamento per evaporazione, che si ottiene bagnando il corpo o avvolgendolo in teli di cotone bagnato e, successivamente, esponendolo a flussi di aria calda, non caldissima, come quella che esce da un asciugacapelli a basso regime. La parte della superficie corporea esposta al getto di aria va cambiata continuamente. La procedura va interrotta quando la temperatura rettale scende sotto i 39°C”.

Nel documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, sono riportati anche i farmaci e le sostanze che è bene non somministrare.



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